Tornare a scuola

Tornare a scuola

A inizio Novembre ho dovuto compiere una scelta, per me, molto difficile: tornare a scuola.

Quando avevo deciso di aprire il “mio posticino” a Milano sapevo che avrei dovuto frequentare un corso per operatori del settore alimentare; poi la mia attività ha preso una piega diversa e non è più stato necessario.

 

Ora sono a una nuova svolta, quindi mi sono detta “ora o mai più”.

E così, l’8 Novembre alle ore 9.00 in punto mi siedo al banco.

130 ore di lezione, seduta, ad ascoltare.

Ammetto di non essere più abituata e, soprattutto, di sentirmi stranita.

 

Accanto a me ci sono persone molto diverse: uomini e donne che hanno cambiato strada per volere o per necessità, ragazzi e ragazze giovanissimi che tentano questa strada non avendone trovate altre, persone di altri paesi e religioni che sperano di trovare qui ciò che non hanno trovato da loro.

Ma è pur sempre una classe, e in un attimo rivedo le dinamiche tipiche di questo contesto.

Al primo sguardo riconosco il “superpreciso” che prende appunti meticolosi e ripassa appena arriva a casa; quello che non ne ha per niente voglia, ma lo deve fare; quello che piace ai professori perché è sveglio e brillante…

E’ divertente essere in un contesto così a 42 (ancora per poco) anni, e pensandoci sorrido a come sarebbe andare a scuola oggi.

Ammetto di non aver amato mai particolarmente lo studio e l’ambiente scolastico, pur vantando un percorso netto senza esami a settembre né bocciature, per me studiare è sempre stato un “incastro” con le tante ore trascorse alla sbarra di danza.

Alle elementari frequentavo la scuola di danza all’interno dell’edificio scolastico; alle medie riuscivo a tornare a casa per frequentare le lezioni nel tardo pomeriggio; al liceo uscivo dalla scuola, percorrevo 300 metri e infilavo calze, scarpe e body fino all’ora di cena; all’università ero fissa a teatro e uscivo per tornare a casa la sera, o per dare gli esami in Statale.

Insomma, ero la classica “potrebbe fare di più, ma non si applica”.

E oggi, per assurdo, non è cambiato nulla: sono l’unica del corso che lavora, e quindi è sempre di corsa, salta qualche lezione ogni tanto, chiede gli appunti e fa i salti mortali per studiare.

Ma per la prima volta mi dispiace, perché quello che sto imparando mi piace tantissimo, vedo come si accompagna al mio lavoro, come applicarne teorie e nozioni nel quotidiano.

E, soprattutto, è la riconferma che il percorso che sto facendo è quello giusto, che sono esattamente dove voglio essere.

 

Mi dispiace anche perché si incastra in un periodo che avevo immaginato diverso, di pianificazione del nuovo anno, di promozione delle attività, di preparazione al Natale; ma si sa che la vita è bella proprio perché i piani cambiano quando meno ce lo si aspetta.

E così mi ritrovo a mezzanotte sul divano a ripassare per l’esame, e alle sei di mattina a infornare biscotti per gli eventi.

E ancora una volta penso che spero tanto di essere promossa, anche perché stavolta non avrei potuto fare più di così.

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