La gentilezza tra la neve

Emanuela è una donna dagli occhi chiari e la volontà di ferro.

Lo si percepisce fin dalle prime ore del mattino, mentre il rifugio si sveglia lento, e la si sente tenere tutto sotto controllo con la sua voce gentile.

Sono passati diversi anno da quando l’ho conosciuta, la prima volta che sono stata al Rifugio Fuciade, ma quando arrivo, il 26 di Dicembre, mi accoglie come se fossi una figlia che non vede da tanto “E’ pronta la stanza della Valeria?”, e quando riparto, il 30, mi abbraccia e mi regala un dolce per la colazione del giorno dopo.

Lavora duramente, assieme al marito e ai figli, di cui parla con amore e con gli occhi che brillano.

Una sera mi racconta di quando lei e Sergio hanno preso il rifugio anni fa: era una baita senza corrente né acqua, ma loro si erano innamorati di quel posto e le difficoltà non avevano minimamente scalfito il loro desiderio.

Col passare degli anni hanno costruito una famiglia: tre figli che hanno cresciuto e fatto studiare, e che, ciascuno secondo le proprie passioni, aiutano o lavorano al Fuciade.

Col passare del tempo hanno fatto dei lavori, portando al rifugio la corrente e l’acqua e allargando lo spazio interno.

Col passare dei giorni hanno raccolto una clientela affezionata che quotidianamente sale in rifugio anche solo per godersi la splendida cucina – opera, oggi, del figlio Manolo – e le coccole che la signora Emanuela elargisce.

Emanuela accoglie gli ospiti con un aperitivo nella neve bianca e lucente quando splende il sole, mentre quando nevica è compito suo trovare un posto per permettere a tutti di riscaldarsi e ripararsi.

Emanuela è attenta ad ogni cosa: se manca l’acqua, se tutti hanno mangiato, se il pane è in tavola; non le sfugge nulla, eppure sembra sempre calma e tranquilla, non trasmette agitazione, ma solo pace e serenità.

Ma è l’intero personale che lavora al rifugio a sembrare uscito da un romanzo: ciascuno con la sua storia, che in modo leggero e non invadente, ti racconta appena ha un minuto libero; sono tutti sorridenti, pazienti e premurosi.

E appena si mette un piede fuori, si è in paradiso.

Un manto di neve soffice e morbida circonda il rifugio, coprendo tutto con un silenzio irreale quando gli ospiti, che sono salita in motoslitta per la cena, ridiscendono in paese.

Intorno si possono fare passeggiate semplici come la strada battuta che porta a San Pellegrino o al rifugio Stella Alpina; o ciaspolate più impegnative per arrivare alla Forca Rossa o a Località Valfreda.

Quando avevo pensato di tornare qui, lo avevo fatto per godermi quattro giorni di pace e serenità, e il fatto che il mio telefono non prendesse non ha fatto che aumentare la pace in cui mi sono immersa, per altro la stessa Emanuela, in un’intervista della scorsa estate, si era detta molto dispiaciuta per coloro i quali non riescono a staccarsi dallo smartphone in un paradiso di natura come quello che circonda la sua casa.

Lo avevo fatto perché il mio corpo e la mia mente avevano bisogno di natura, di silenzio, di accudimento e di bellezza; perché per me, in questa baita tra la neve, ci sono le tre cose essenziali per stare bene: un’ottima cucina casalinga che mescola tradizione locale a ricerca e innovazione (menzione d’onore ad un antipasto con cervo e liquerizia davvero interessante), la cura nei dettagli (il rifugio è pieno di angoli dove ogni particolare è stato ricercato con amore e dedizione), e l’amore per l’accoglienza (Emanuela è una padrona di casa in tutto e per tutto, e riempie di cura tutto ciò che fa e su cui posa lo sguardo), altro non mi serve.

Per quattro giorni ho mangiato divinamente, dalla colazione al mattino fino alla cena della sera!

Ho giocato a carte bevendo il bombardino delle cinque al rientro dalla passeggiata.

Ho letto arretrati di mesi, con una grappa al cumino sotto al piumone in orari che solo la montagna regala!

Mi sono regalata quattro giorni di benessere, semplicità, attenzione e gentilezza.

Questa è la cosa che mi porto a casa: si può vivere e lavorare praticando la gentilezza.

Anche quando arrivano tanti turisti dal paese, anche quando il ristorante è pieno, anche quando gli ospiti si dimostrano impazienti o frettolosi; qui si può stare certi che la risposta che arriverà sarà un grande sorriso e una parola cortese.

Ecco, quando mi immagino a gestire la mia locanda, mi immagino così, come la signora Emanuela: accogliente ma risoluta; rassicurante ma decisa, dolce ma determinata, capace di praticare la gentilezza in ogni gesto.

Sono certa che tornerò al Fuciade, e la prossima volta andrò con un regalo per la splendida padrona di casa, perché la grazia va ricambiata.

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