L’entusiasmo, la giustizia e il karma

Il termine entusiasmo deriva dal greco antico enthusiasmòs, formato da en (in) con theos (dio).

Letteralmente si potrebbe tradurre con “con Dio dentro di sé”, o “indiamento”, “invasamento divino”.

In italiano  normalmente sta ad indicare una commozione intensa dell’animo che si esprime in vive manifestazioni di gioia, di eccitazione, di ammirazione; un sentimento di appassionato interesse nei confronti di un ideale o di una causa politica, religiosa o sportiva, l’effetto di certi personaggi dello spettacolo sui loro fan.

La giustizia è l’ordine virtuoso dei rapporti umani in funzione del riconoscimento e del trattamento istituzionale dei comportamenti di una persona o di più persone coniugate in una determinata azione secondo la legge o contro la legge. Per l’esercizio della giustizia deve esistere un codice che classifica i comportamenti non ammessi in una certa comunità umana, e una struttura giudicante che traduca il dettame della legge in una conseguente azione giudiziaria.

Al di là dell’azione giudiziaria istituzionalizzata, che opera con una giustizia impositiva e codificata, esiste un senso della giustizia, definito talvolta naturale in quanto ritenuto innato, che impegna ogni singolo individuo a tenere nei confronti dei propri simili o gruppi, in situazioni ordinarie o straordinarie di usare criteri di giudizio, e di conseguente comportamento, rispondenti a giustizia nel senso di onestà, correttezza e non lesività del prossimo. È in questo senso che la giustizia diventa una virtù morale, quindi privata e non codificata e istituzionalizzata, che è però di enorme portata assiologica, in base alla quale si osservano regole comportamentali che riguardano sé e gli altri nei doveri e nelle aspettative.

Il karma indica, presso le religioni e le filosofie religiose indiane, o originarie dell’India, il generico agire volto a un fine, inteso come attivazione del principio di “causa-effetto”, quella legge secondo la quale questo agire coinvolge gli esseri senzienti nella fruizione delle conseguenze morali che ne derivano, vincolandoli così al sa?s?ra, il ciclo delle rinascite.

Da maggio sono alle prese con il “mio posticino”, e nell’ordine mi sono imbattuta in tutte e tre le fasi qui sopra descritte.

Da sempre ho un innato senso della “giustizia”: mia figlia mi dice che io devo “sempre combattere” il che, un po’, è vero perché non riesco a tacere difronte a cose che, per me, sono sbagliate; piccole o grandi che siano.

Ero quella che a scuola parlava quando tutti si tiravano indietro, che difendeva il compagno preso in giro, che ascoltava l’amica in lacrime.

Sul lavoro sono diventata la collega che non rispetta l’autorità solo perché ha un ruolo, che non accetta trattamenti differenti, che non riesce a “mandare giù” quello che ritiene un comportamento scorretto solo perché poi magari ci sono conseguenze.

Da sempre mi accompagna anche un grande entusiasmo.

Mio nonno diceva che io ero “precipitosa” perché mi lanciavo nelle imprese con tutta me stessa, magari peccando di scarsa pianificazione e strategia.

I miei genitori mi hanno sempre definita una persona che si entusiasma, si butta a capofitto e segue gli slanci del cuore.

Sono rimasta così negli anni. Non riesco a stare in una situazione che spegne il mio entusiasmo. Mi accendo come una fiamma libera quando qualcosa mi colpisce e lavoro sodo, studio, mi impegno.

Poi, a onor del vero, con altrettanto entusiasmo cambio il mio indirizzo, ma questa è un’altra storia.

La maturità, o meglio, l’avanzamento dell’età, invece, mi ha insegnato il valore del “karma”.

Da giovane me la prendevo tantissimo quando le cose attorno a me mi ferivano. Piangevo, dimagrivo, mi consumavo. Oggi lotto, cerco di comportarmi in modo corretto e moralmente accettabile (per me), provo a vivere in modo che io sia sempre orgogliosa di guardarmi allo specchio; ma poi aspetto.

So che la vita farà il suo corso e a tutti presenterà il conto.

Non sono “credente” nel senso cristiano del termine, non penso esistano un paradiso e un inferno, ma penso che la quotidianità rimetta in riga le cose.

Per aprire il “mio posticino” ho dovuto lottare e pretendere che, ciò che mi spetta di diritto, venisse rispettato. Cosa che, non so per quale ragione, mi fa sempre sentire come se fossi io dalla parte del torto…

Combattere perché un lavoro, che non è perfettamente inquadrato nei parametri standard, venisse compreso e, conseguentemente, valutato e regolamentato. Cosa che, per oscuri motivi, mi fa sentire sempre in difetto…

Faticare per fare in prima persona tutto quello che avrebbe richiesto un esborso economico troppo elevato per le mie tasche. Cosa che, invece ma tu guarda, mi riesce benissimo e senza sforzo!!

Sulla mia strada ho incontrato persone straordinarie che hanno creduto in me, mi hanno sostenuta, spronata e coccolata quando ero stanca. Ma ho anche incontrato persone che si sono approfittate di me e del mio entusiasmo, insinuandosi nelle pieghe della mia ingenuità.

Oggi ammetto di essere stanca, anche un po’ emotivamente provata, ma proprio per questo cerco di attaccarmi al mio entusiasmo, ricordarmi perché ho tanto desiderato prendere questa strada.

Cerco di mettere da parte la modestia, come mi sta insegnando qualcuno, e guardare anche cosa ho costruito.

E da qui ripartire.

Ora mi vesto, vado nella mia bottega degli incontri a prepararmi per l’incontro sulla “Via dell’Artista” di stasera, sapendo che le persone che entreranno da me mi porteranno energia e serenità.

E anche se sto ancora aspettando che il commercialista trovi la formula migliore per inquadrare la mia attività, che l’assicuratore decida quale modalità è più adatta al mio lavoro un po’ matto, che i gestori telefonici capiscano perché i miei 70mq sono un bunker in pieno centro a Milano, che l’idraulico smonti la lavastoviglie che magicamente ha deciso di mollarmi al primo utilizzo…so che questo è quello che ho sempre voluto.

Quando uscita dall’azienda mi è stato chiesto “dove ti immagini tra tre anni” ho risposto in uno spazio tutto mio ad ospitare incontri di lavoro per chi ha una visione del lavoro un po’ fuori dai soliti standard, per chi si fa guidare dal cuore più che dalla testa, per chi ha una passione che lo fa alzare dal letto ogni mattina col sorriso.

 

“Ci sono due grandi tragedie nella vita. La prima è desiderare ciò che non si può avere…la seconda è ottenerla”.

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