17 Set L’engagement spiegato con un soufflè
Engagement è un concetto con cui ho a che fare da qualche anno, seppur con forme e modalità differenti.
Gli ultimi anni in azienda li ho trascorsi proprio ricoprendo il ruolo di Engagement Manager.
Cosa facevo? Mi occupavo di progetti e contenuti finalizzare a far star bene i colleghi in azienda per aumentarne la fidelizzazione.
Ho studiato iniziative di welfare, ho approfondito lo smartworking, ho promosso attività di team building alternative, ho pianificato incontri tematici e formazioni.
Ancora oggi ripenso a quel ruolo come a un nodo chiave nelle organizzazioni (piccole o grandi che siano), perché sono fortemente convinta che essere felici in azienda sia uno dei traguardi chiave per vivere bene in generale.
E sono anche fortemente convinta che alla base dell’engagement ci sia sempre una condivisione di valori.
Concetto per altro valido in ogni contesto di relazione, che sia sul lavoro o nel privato.
Da quando sono una freelance ho fatto un passo in avanti sulla comprensione della parola engagement.
Se creare engagement significa creare un legame forte con i propri utenti (siano essi colleghi, partner o clienti), cosa fa la differenza nel caso del mio piccolo brand?
Quando lavoro con i miei clienti alla progettazione dei loro eventi, punto molto sul concetto di “essere se stessi”, perché credo sia veramente un punto di forza.
“Un cliente non ti sceglie per quello che fai, ma per come lo fai. ”
E’ una frase che mi sono sentita dire mesi fa e che oggi ripeto spesso a chi lavora con me.
Di eventi sullo stesso argomento o di professionisti che propongono il tuo servizio ce ne sono a centinaia; io scelgo di lavorare con te perché in te mi riconosco, e di conseguenza di te mi fido.
Quando ho avviato la mia attività ho chiesto alle persone a me più vicine di dirmi alcune parole che mi definivano.
Poi ho pensato alle cose che mi fanno stare bene, e a tutto quello che non mi piace in generale nel mondo.
A partire dal nome, Le spezie gentili, in cui ho voluto inserire la parola “gentili” perché troppe volte, in privato e sul lavoro, ho sofferto per la mancanza di gentilezza e l’abuso di volgarità e maleducazione.
Ho compiuto una scelta, perché so che per alcuni il nome del mio brand si associa troppo alla femminilità, alla leggerezza, alla frivolezza. Non è in inglese, non è cool, non è strong.
Ma mi rappresenta in pieno.
Poi ho pensato che, nel privato, mi piace la convivialità, e così ho deciso che sul lavoro avrei voluto uno spazio con un tavolo grande attorno a cui sedersi tutti assieme.
Anche questa è stata una scelta, perché in questo modo lavoro solo con numeriche piccole, mentre con un altro allestimento avrei potuto allargare il campo.
Ma le numeriche piccole sono quelle in cui sto bene, che mi permettono di esprimermi al meglio e di curare ogni ospite con la giusta attenzione.
Un altro aspetto a cui tengo molto è portare la bellezza nei contesti lavorativi.
Per questo ho scelto che le pause nelle mie riunioni si fanno solo con biscotti fatti in casa, l’acqua si beve in bicchieri di cristallo, e le pause pranzo si servono con tovaglioli di lino e piatti di ceramica.
Troppo “femminile” e vezzoso per alcuni?
Questa però sono io, e non potrei fare altrimenti.
Tempo fa ho assistito ad una scena che mi ha insegnato una grande lezione di vita.
Stavo aspettando dei clienti per una riunione, e una persona del mio gruppo di lavoro aveva gli occhi gonfi dal pianto per motivi personali. Il nostro capo le ha chiesto di andarsene, nonostante fosse stata lei a preparare gran parte della presentazione, perché era “impresentabile” per i suoi clienti.
Lei è andata via dalla riunione, io dopo qualche settimana sono andata via dal team.
“Una donna innamorata lo brucia il sufflè, una donna infelice, si dimentica di accendere il forno..!”
Così dice il personaggio di Baron St. Fontanel a Sabrina Fairchild nell’omonimo film di Audrey Hepburn.
E questo voglio che sia il valore principale del mio piccolo brand.
Essere liberi di esprimere se stessi.
Con i propri gusti, le proprie debolezze, i propri talenti.
Solo così si può costruire un’identità in cui riconoscersi, in cui credere e a cui affezionarsi.