10 Set Questo non è un coworking
“Ma il tuo spazio è un coworking?”
E’ una delle domande che mi rivolgono più spesso, specialmente nelle giornate di “Ufficio condiviso” e la risposta è sempre la stessa: “No, il mio posticino non è un coworking”.
Per scelta, fin dall’inizio del mio progetto.
Quando, molti anni fa, ho iniziato ad appassionarmi di Smartworking e nuovi modi di lavorare, sono rimasta affascinata dal fenomeno dei coworking.
Mi piaceva tantissimo l’idea di andare a lavorare in spazi condivisi, dove conoscere persone nuove e confrontarmi con professionalità diverse.
Ma, come spesso accade, la realtà è stata un po’ diversa da come me la ero immaginata.
Nel primo anno da “freelance” ne ho provati diversi, alcuni mi sono piaciuti di più, altri di meno.
In generale la cosa che mi è mancata quasi sempre, salvo rarissimi casi, è stata quella di sentirmi accolta, e per me l’accoglienza è fondamentale.
Fin da piccola non ho mai avuto difficoltà ad inserirmi in contesti nuovi, ma mi è sempre piaciuto molto avere qualcuno che mi introducesse al gruppo, qualcuno che mi facesse sentire speciale.
In un coworking il gesto di accogliere un nuovo arrivato lo trovo quasi necessario, soprattutto come premessa affinché nascano progetti e collaborazioni.
In particolar modo se si vuole evitare l’effetto “affitto una scrivania”, magari mi metto sempre nella stessa, arrivo, lavoro, scambio quattro chiacchiere alla macchinetta del caffè, e torno a casa alla sera.
Perché così è un ufficio non in ufficio.
Nel gergo moderno, nei coworking, si affida il compito di accogliere e creare connessioni al “community manager”.
Nel mio mondo un po’ antico, nel mio posticino, a tutti gli eventi, dall’Ufficio condiviso alle formazioni, mi piace semplicemente fare la brava “padrona di casa”.
Secondo le buone maniere spetta alla padrona di casa fare le presentazioni, e così dovrebbe essere nei vari contesti sociali, dove per “società” intendo la bella definizione che Elda Lanza utilizza nel suo libro “Il tovagliolo va a sinistra”.
“In società – nel significato di vivere a contatto con gli altri. Preoccupandosi degli altri come di se stessi. E, insieme, del mondo che ci ospita. Questa si può definire una società virtuosa, che ha le sue regole.”
Per questo mi piace il gesto dell’accoglienza.
Presentare chi viene nel mio posticino introducendolo al gruppo e, magari, evidenziando quel tratto comune che può aiutarlo a rompere il ghiaccio.
Uno studio fatto, un’esperienza pregressa, una passione, qualsiasi cosa che metta in connessione.
Così nascono i progetti con l’anima, quelli che derivano spontaneamente da una condivisione di valori, dalle competenze che vanno a colmare un bisogno, come “Spazio alle mamme“ che tra qualche giorno aprirà la sua seconda edizione.
Anna e Antonella, proprietarie del Chiosco del Ghezzi, sono state nel mio posticino durante i Breakfast Club dello scorso autunno.
Le ha accompagnate Titti, una consulente di comunicazione che fa parte della rete delle Spezie Gentili fin dai primi tempi, e che tra i suoi clienti ha proprio il Chiosco di Anna e Antonella.
Alle colazioni è nata l’idea di esportare il Breakfast Club al Chiosco, ma il target dei loro clienti è diverso da quello del mio posticino.
E così, parlando, è emerso che spesso le mamme di Novate Milanese si fermano a fare colazione al Chiosco, da qui ho pensato a chi, nella mia rete, parla alle mamme, o di temi che possono interessare le mamme.
Due donne che, con stili e contenuti diversi, parlano alle donne e alle mamme.
Prima dell’estate c’è stata una prova, andata benissimo, talmente bene che ho visto con piacere le due date in calendario anche a Settembre.
Il 18 Benedetta parlerà di “Riscoprirsi professioniste dopo la maternità” e il 26 Patrizia proseguirà con le sue “Pillole di imperfezione”.
Inutile dire quanto io sia felice di aver contribuito alla nascita di tutto questo e di tutto il bello che ne deriverà.
In fondo poi, a ben pensarci, basta poco.
Basta un gesto gentile.
Basta aver voglia di conoscere davvero le persone.
Basta una presentazione.