05 Dic Una gita a Gotham City per riflettere sul tono di voce
Vi sarà capitato sicuramente di leggere un testo o guardare un’immagine di marketing ed esserne subito irrimediabilmente attratte o respinte.
E questo, chiaramente, va ad influenzare il vostro acquisto di quel prodotto o servizio.
Ecco, se vi è venuto in mente qualcosa di specifico tenetelo a mente leggendo il resto dell’articolo!
Definiamo il tono di voce
“Il tone of voice indica l’insieme degli aspetti che costituiscono il modo in cui la marca parla al pubblico di riferimento. Si riferisce più al come viene espresso un concetto e meno al cosa si dice; in altre parole, fa riferimento a quello che per una persona si indicherebbe come il tono usato per parlare.”
In questa sintetica definizione di “tono di voce” viene espresso un concetto fondamentale se si parla di questo argomento: l’importanza del “come” rispetto al “cosa”.
Durante una calda e infinita estate ho fatto un esperimento su questo tema: il tono di voce.
Un esperimento sul tono di voce
Ho scelto un personaggio dalla storia molto nota e definita, e il mio animo nerd si è orientato su Batman.
Il famosissimo uomo pipistrello che combatte il crimine a Gotham City ben dal 1939 e che ricopre addirittura il secondo posto nella classifica dei cento maggiori eroi della storia dei fumetti.
Ho scelto Batman non tanto per la sua fama, quanto perché sia la storia che il personaggio non mi hanno mai appassionato più di tanto quindi non avevo pregiudizi né conoscenze pregresse che potessero influire sul mio esperimento.
Ho recuperato la filmografia di Batman e l’ho guardata con attenzione passando dalla trilogia di Christopher Nolan, all’iconica versione di Tim Burton, fino all’ultimissima uscita con Robert Pattinson.
Una di queste versioni è stata capace (seppur con alti e bassi) di suscitare la mia attenzione al punto di farmi scendere qualche lacrimuccia nella scena finale.
Eppure…la trama era fondamentalmente la stessa, i personaggi praticamente identici nel loro ruolo, e nelle caratteristiche principali e le dinamiche molto molto simili, eppure le tre versioni mi hanno preso in maniera completamente diversa.
Niente di nuovo, penserete voi, eppure chissà come mai quando si riflette su questo aspetto nel business diventa sempre molto difficile esprimersi con la propria voce invece di emulare (spesso anche in malo modo) quella di chi ci circonda.
Perché?
Non ho una risposta valida per tutti, ma quello che sento e che vedo nel mio lavoro è che tirare fuori il proprio “tono di voce” significa mettersi a nudo, esporsi, con tutte le paure che questo porta con sé.
Eppure se non si riesce a fare questo salto si rischia di non raggiungere i risultati sperati, e questo, sempre dal mio punto di vista, non tanto perché non “ci si distingue”, quanto perché “non si è sinceri” e questo si sente.
Il mio approccio al tono di voce
Non ho una formula magica per trovare il proprio tono di voce, né saprei scrivere le dieci regole per arrivarci; ma quello che sento e che so è che occorre dedicare del tempo ad ascoltarci mano mano che facciamo le cose e capire se stiamo andando nella direzione giusta.
Il che implica il dover prendere delle decisioni, e per farlo io invito sempre chi lavora con me ad ascoltare la propria pancia.
Io nei post di Instagram, ad esempio, scrivo tanto. Perché mi piace, mi viene spontaneo, mi permette di instaurare un rapporto più vicino con chi mi legge, e mi fa sentire bene.
Nei miei servizi utilizzo sempre metafore cinematografiche, spesso molto nerd. Perché mi vengono naturali, perché mi divertono, perché mi aiutano ad arrivare a persone appassionate come me e perché mi fa sentire bene.
Nel lavoro con le mie clienti cerco di tenere un rapporto professionale, ma anche molto vicino umanamente. Perché non saprei muovermi diversamente, perché mi piace vivere con loro un’esperienza ricca e piena, perché mi sento a mio agio in questa dimensione e perché mi fa sentire bene.
Tutto questo contribuisce a definire il mio tono di voce.
Tutte queste sono decisioni che ho preso dopo aver fatto degli esperimenti, dopo aver testato varie alternative, e dopo aver ascoltato la mia pancia.
Alcune cose sono state eliminate da subito, altre sostituite nel corso del tempo, altre ancora sono fondamenta che porto con me nella mia evoluzione.
Il lavoro di test, ascolto, e presa di decisione è continuo e costante, e si arricchisce mano mano che si evolvono la mia professionalità e la mia persona.
Un buon modo per iniziare?
Provare a prendere in rassegna cosa esiste oggi (canali, attività, clienti, risorse) e chiedersi come ci fanno sentire.
Cosa ci fa stare bene e cosa no.
Cosa ci diverte e cosa no.
Cosa ci fa sentire a nostro agio e cosa no.
Cosa ci fa stare bene e cosa no.
E poi prendere delle decisioni: tenere, far evolvere, lasciar andare.
Vi va di provare?