06 Nov Ikea, il target e i bisogni
Può Ikea offrirci ispirazione per lavorare sul tema dei bisogni del cliente?
Io dico di sì!
Ad aprile, dopo soli cinque anni, ho finalmente ordinato i mobili della camera da letto. Da IKEA. E come ogni volta, sono rimasta stupita di quanto i loro prodotti siano davvero funzionali.
Questo mi ha fatto riflettere su ciò che Clayton Christensen, il padre della “teoria dell’innovazione dirompente” sostiene rispetto al pubblico di riferimento della multinazionale svedese.
Secondo Christensen, l’analisi del target di IKEA rivela che l’azienda non si rivolge a un segmento demografico specifico bensì a una clientela trasversale, accomunata non tanto da caratteristiche materiali quanto da un bisogno. Prima di svelarvi quale, però, vi invito a ragionarci insieme.
Che cosa hanno in comune i clienti di IKEA?
L’interesse per il prezzo basso? Può sembrare così ma ormai ci sono tanti negozi di arredamento con un profilo di prezzo simile a quello di IKEA. E che in più includono la consegna e il montaggio. Quindi deve trattarsi di qualcos’altro.
L’amore per il design minimalista? Forse… Ma anche in questo caso non è una caratteristica unica del brand svedese. Anzi.
La facilità di accesso a un’ampia gamma di mobili e accessori? Non direi, perché il mercato è pieno di negozi multimarca che offrono tutto quello che avreste sempre voluto per la vostra casa ma non avete mai osato chiedere.
… allora quale è il punto in comune?
Lavorare sui clienti con i “jobs to be done”
Per Christensen, la segmentazione del target di IKEA parte dal principio dei “Jobs to be done”. Ed ecco il bisogno chiave, il “lavoro da sbrigare”: devo arredare questo posto entro stasera, perché domani devo fare altro.
Applicare la prospettiva dei “Jobs to be done” all’analisi del target e della nostra offerta offre secondo me degli spunti interessanti.
Se partiamo dal punto di vista del cliente, significa andare ad indagare il famoso bisogno o desiderio che lo motiva a cercare una soluzione – e il modo in cui noi possiamo aiutarlo a ottenere il risultato ideale.
- Cosa deve fare questa persona? Arredare la sua casa velocemente.
- Cosa posso fare io per questa persona? Offrire mobili pronti all’acquisto, facili da montare e sistemare subito come desidera.
I clienti e i loro desideri
Pensando ai “Jobs to be done” dal punto di vista del prodotto, invece, capiamo che la nostra proposta di valore unica non deve per forza risiedere nelle caratteristiche del nostro prodotto o servizio. Si può anche partire da ciò che il prodotto può fare per i clienti per cui è stato creato – e questo apre nuove possibilità di sviluppare la nostra comunicazione e la nostra offerta.
Io per esempio ho due lavastoviglie. Una di una famosissima marca tedesca in casa e una di IKEA in ufficio.
Entrambe lavano i piatti, hanno scomparti separati per le posate e i bicchieri. Solo una di queste però si apre automaticamente quando il lavaggio è terminato, per farmi trovare le stoviglie già asciutte e pronte per essere riposte negli armadietti.
Secondo voi, di che marca è?
Ma soprattutto, a quale bisogno o desiderio corrisponde?
Così, mentre montavo le cassettiere, pensavo:
1) Quali sono i motivi per cui i clienti acquistano i miei percorsi?
2) Parlo abbastanza di ciò che miei servizi fanno oppure mi concentro soltanto come sono fatti?
3) Mi sto lasciando ispirare dalla customer experience dei clienti per migliorare i miei servizi?
4) Potrei creare altri servizi attraverso cui il cliente potrebbe ottenere i risultati che desidera?
Non è la prima volta che osservo questi punti.
Per me, l’analisi del target (con le dovute riflessioni) è un processo fondamentale per poter evolvere il proprio lavoro in modo sostenibile.
E nel tempo queste valutazioni mi hanno aiutata tantissimo ad allineare i miei percorsi individuali e di gruppo alle esigenze e ai desideri delle persone che lavorano con me.
Voi avete mai ragionato su ciò che la vostra offerta può fare per i vostri clienti?
Se volete iniziare a farlo insieme me, qui sotto trovate un format da scaricare, naturalmente ispirato dal “modello IKEA”.
E poi magari tornate a raccontarmi cosa avete scoperto!